Addio a questo farmaco, in farmacia non lo troverai più. Lo studio

Addio a questo farmaco, in farmacia non lo troverai più. Lo studio per meglio comprendere le cause del ritiro dal mercato.

Arriva Dall’Agenzia Italiana del farmaco la decisione di procedere verso un cambimento9 in termini di prescrizioni per quanto concerna la Vitamina D. Ma per quale mo9tivo l’Aifa ha deciso di porre queste restrizioni? Quali sono le difficoltà oppure i pericoli in cui si può incorrere? L’agenzia italiana del farmaco, ha effettuato uno studio anche vedrebbe la necessità di porre dei limiti, dei freni, alle prescrizioni di farmaci con supplementazione di Vitamina D e suoi analoghi. Ma per quale motivo?

Addio a questo farmaco, in farmacia non lo troverai più. Lo studio

Lo studio effettuato si è basato su un’esigenza sopraggiunta ed ovvero la rivalutazione dei criteri di appropriatezza in base a nuove evidenze scientifiche che specificano anche la mancanza di benefici contro il Covid. Il freno, quindi, verrà tirato sulla prescrizione di vitamina D in caso di fragilità ossea negli adulti sani. Con pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, dalla determina dell’Aifa si evince: “L’aggiornamento della Nota, istituita nel 2019 si è reso necessario a seguito della pubblicazione di nuove evidenze scientifiche che hanno ulteriormente chiarito il ruolo della vitamina D in assenza di concomitanti condizioni di rischio”.

Addio a questo farmaco

Prima di arrivare a questa conclusione, sono stati effettuati degli studi che hanno valutato la situazione effettuando una valutazione a random. Uno di questo, lo studio made in Usa, lo studio Vital effettuato nel 2022, mentre la’ltro9 è lo studio europeo Do-Health effettuato nel 2020. Sia l’uno che l’altro studio “hanno rivelato che la supplementazione con dosi di vitamina D più che adeguate (2000 UI die di colecalciferolo) e per diversi anni (oltre 5 anni nel primo studio e 3 anni nel secondo) non è in grado di modificare il rischio di frattura nella popolazione sana, senza fattori di rischio per osteoporosi”. Come da nota dell’Aifa: “Questi risultati si sono confermati anche tra i soggetti con livelli più bassi di vitamina 25(OH)D. A questi studi principali si aggiunge, precisa Aifa, la ricca letteratura riguardante l’utilizzo nel Covid «che non ha dimostrato alcun beneficio della vitamina D anche in questa condizione”.

Vitamina D - Telereggiocalabria.it
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Ma dalla entrata in vigore della determina ad oggi, in essa sono state apportate delle modifiche attraverso9 l’inserimento di alcune precisazioni migliorative su proposta di clinici o società scientifiche. Ma quali sono? Dall’Agenzia italiana del farmaco, arriva la specifica: “Introduzione della nuova categoria di rischio  e quindi le persone con gravi deficit motori o allettate che vivono al proprio domicilio; riduzione da 20 a 12 ng/mL (o da 50 a 30 nmol/L) del livello massimo di vitamina 25(OH)D sierica, in presenza o meno di sintomatologia specifica e in assenza di altre condizioni di rischio associate, necessario ai fini della rimborsabilità.

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Anche la specificazione di livelli differenziati di vitamina 25(OH)D sierica in presenza di determinate condizioni di rischio (ad es. malattia da malassorbimento, iperparatiroidismo) già presenti nella prima versione della Nota; aggiornamento del paragrafo relativo alle evidenze più recenti sopracitate e inserimento di un breve paragrafo dedicato a vitamina D e Covid-19; introduzione di un paragrafo sui potenziali rischi associati all’uso improprio dei preparati a base di vitamina D”.

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Annamaria Colao, presidente della Società italiana di endocrinologia (Sie) non nasconde il suo disappunto sulla scelta effettuata asserendo che la decisione è stata basata su una logica economica ma non clinicamente valida. “Studi sperimentali mostrano quanto sia importante per tantissimi apparati, da quello immunitario a quello scheletrico” –  di8chiara la Colao – “Varrebbe la pena studiare meglio questo ormone, con studi clinici ampi e complessi, che ne valutino l’impatto sullo stato di salute generale della persona. La vitamina D in circolo è un parametro di buona salute, mentre la sua carenza è legata a un elevato livello infiammatorio nell’organismo, con tutte le malattie collegate. È un composto che ha recettori in tutte le cellule, il suo deficit è correlato allo sviluppo tumori, al peggioramento di obesità e diabete, all’aumento dell’ipertensione”.